- PICTURE # 83551 - KAWA IJEN -
L’Indonesia non compare nemmeno tra i primi venti paesi produttori di zolfo, eppure c’è un vulcano tra 130 presenti nel paese da cui si estrae zolfo che fa un gran parlare di sé. Per le fiamme blu, per il suo lago acido dal colore turchese e vuoi anche per i minatori che ci lavorano. Siamo a Kawah Ijen, nell’estremo est dell’isola di Java. Un centinaio di temerari minatori si alternano guadagnandosi da vivere estraendo zolfo dal fondo del cratere, lungo le sponde rocciose del più grande lago acido del mondo che occupa il fondo del vulcano. La vecchia caldera di Ijen, che deriva dallo sprofondamento di una grande camera magmatica, ha un diametro di circa 20 Km all’interno della quale negli ultimi 50.000 anni si sono creati altri vulcani più piccoli. Il cratere attivo di Kawah Ijen è uno di questi e occupa la parte orientale della grande caldera, ha un diametro di circa 700 m. e una superfice di 0,41km quadrati e si trova a soli 20 Km dal braccio di mare che separa Java dall’isola di Bali.
Kawah Ijen è la star di tutti i vulcani. È diventato così noto da quando il National Geographic con l’articolo del 30 gennaio 2014 si è interessato al vulcano. Il sito ha visto crescere in modo esponenziale le persone che lo visitano: in ogni stagione e con ogni clima coraggiosi viaggiatori da tutto il mondo affrontano la scalata notturna al vulcano.
L’articolo, che mostra anche le immagini notturne del bravissimo fotografo parigino Olivier Grunewald, trova espressamente modo di trattare il raro caso delle fiamme blu, visibili solo di notte e in pochissimi altri posti al mondo (il vulcano Dallol nella depressione della Dancalia in Etiopia, per esempio). In realtà la combustione avviene continuamente ma il fenomeno delle “blue flames” è visibile solo al buio ed è il risultato della combustione dei gas solforici che si sprigionano attraverso le fessure della roccia quando questi vengono a contatto con l’aria. Il lago con la sua atmosfera primordiale sembra appena uscito da un’era lontana: è il bacino d’acqua più acido al mondo. Il vulcano
durante la sua attività ha emesso acido cloridrico che a contatto con l’acqua termale ha reagito determinando acido cloridrico ad alta condensazione con un ph prossimo allo zero. Le misurazioni dell’acqua del lago dell’esploratore greco-canadese George Kourounis, che nel 2008 si è avventurato sullo specchio d’acqua a bordo di un piccolo gommone a remi, si attestano intorno a 0.5.
Kawah Ijen è sicuramente un posto spettacolare dove vivere un’esperienza unica: la salita notturna al vulcano e la successiva discesa nel cratere attraverso l’impervio sentiero per ammirare lo spettacolo delle fiamme blu lascia senza fiato. Davvero senza fiato: vuoi per lo stupore vuoi per la fatica e anche per la maschera antigas che proteggere i polmoni dai fumi tossici. Si vive una esperienza irripetibile. Se si vuole assistere al fenomeno delle fiamme blu ed essere a bordo cratere alla prima luce dell’alba bisogna affrettare il passo. Ma è necessario fermarsi in fondo alla caldera tra i minatori della cava se si vuol cercare di capire il vulcano e il lavoro massacrante a cui questi uomini si sottopongono. Ma andiamo per ordine.
A kawah Ijen in realtà non ci sono gallerie e tutto il lavoro è svolto all’aperto. Una società mineraria per velocizzare il lavoro ha installato tubi in ceramica del diametro di 30 cm circa che partono da uno sfiato superiore del vulcano e portano in basso i fumi di zolfo. Questi raffreddandosi si trasformano in zolfo liquido che all’interno dei tubi cola in basso e fuoriesce. Raffreddandosi ulteriormente solidifica in lastre di zolfo che i minatori rompono e trasportano via a spalla fino al bordo del cratere e poi per 3 km a valle lungo il sentiero della montagna e poi fino all’azienda che ne fa un primo trattamento di raffinazione.
I minatori che decidono di lavorare la notte lo fanno per qualche rupia in più. Lavorano dalle due della notte fino alle 7 del mattino. I minatori scendono e salgo due o tre volte per notte, con lo zolfo stipato nelle ceste di un bilanciere a spalla carico di 75 kg del prezioso oro rosso. “Qualcuno riesce a salire con 85 kg ma non più di 2 volte” dice con affanno Subnoh un minatore che incontro durante la risalita. Un altro mostra le spalle, i lividi e le deformazioni che provoca il bilanciere.
Il lavoro dell’estrazione di zolfo a Kawah Ijen è considerato tra i più duri pericolosi al mondo e le aspettative di vita vanno poco oltre i 50 anni. Una pratica decisamente pericolosa per via del gas solforoso che il vulcano emette, tuttavia rappresenta una fonte di sostentamento per molte famiglie della zona. I problemi polmonari sono diffusissimi per via dei gas tossici e delle scarse precauzioni che i minatori mettono in atto: alcuni hanno solo un panno bagnato che copre il naso e la bocca, altri indossano maschere antigas tuttavia, per risparmiare soldi, non sostituiscono regolarmente i filtri in carbone che piuttosto vengono coperti semplicemente con logore mascherine chirurgiche. Parte di loro non si rende conto di cosa stanno respirando e nemmeno dei problemi che affliggono le loro articolazioni. Subnoh mi dice che l’azienda paga 1.250 rupie indonesiane per kg di zolfo grezzo. Un guadagno che oscilla tra i 14 e i 18 dollari al giorno.
Effettivamente la PT Candi Ngribmbi, inizialmente nella propria base di Paltuding e ora nei pressi di Tamansari rileva tutto lo zolfo estratto da Kawah Ijen per raffinarlo e spedirlo alle fabbriche di trasformazione finale. Nel complesso ci sono tre fasi attraverso cui lo zolfo arriva alla fabbrica di destinazione. L’estrazione, la raffinazione al 100% che esclude ogni contenuto di sporco residuo e l’invio alle aziende più grandi. Lo zolfo, tra i più puri in Indonesia, è destinato all’industria chimica e alimentare. Usato per lo sbiancamento dello zucchero, ad esempio e in campo industriale per ricavarne fertilizzanti, polvere da sparo, insetticidi e fungicidi.
Durante la risalita in una delle soste prestabilite per riposare Subnoh mi mostra delle piccole statuine che riproducono animali e oggetti comuni realizzate con i pezzi di scarto di zolfo. Nelle ceste, oltre il carico ogni minatore porta con sé qualche statuina nel tentativo di venderle ai turisti che si incontrano durante le salite e le discese. Un piccolo guadagno aggiuntivo al reddito da minatore: 10.000 IDR le piccole e 20.000 le più grandi.
All’alba sul bordo del cratere il vento è freddo. La luce tenue comincia a salire lentamente fino ad inondare l’interno del cratere. È il momento migliore per la fotografia di paesaggio e tra gli alberi scenografici che si trovano lungo cornice del cratere. Subnoh è ancora con me con la sua cesta sulle spalle come un’abitudine, come un vestito da indossare. Chiede una foto insieme.
Poi cede lo zolfo a chi lo porterà a valle. Due giovani sistemano con cura i sacchi su una specie di robusta carriola provvista di freni che rallentano la discesa ed evitano che il carico prenda velocità e si avviano a passo deciso.
Per i minatori come Subnoh la colazione è più o meno sempre la stessa: riso, pesce e verdure speziate e piccanti. Giornata finita: è ora di scendere dal vulcano e riposare, intanto si guarda al cielo e si spera che la prossima notte la pioggia non arrivi.